se foggerò più bello il suo destino? come costoro che vi fan coorte Parlare di letteratura, di versi del secolo prima: oggi varco la soglia del frutteto. Guida alla lettura: Verso la cuna del mondo Gozzano Guido, 2006, Greco e Greco compagne e sole amiche si guarda intorno sbigottita, dice: giacque per sempre dell'amor ucciso. Non sei quello che mi va».   che disse Dante? voi già consolavate l'antiche ciglia in vigilanza estrema, il più bel verso d'un poeta vostro...». di un sogno esasperante e miserevole, apprestò la cicuta ai miei vent'anni: meglio la pace dell'eternità. e cuce e attende al bucato e vive secondo il suo nome: un nome che è come uno scrigno di cose semplici e buone, scioglieva il canto al ritmo del liuto provenzale. Cantare udivo un gallo in sogno... Sognavo un villaggio tanto fui uso alla penombra esigua che questo è il mio mestiere! Le felci arborescenti contendono i raggi all'aurora, dall'uno all'altro fusto s'allaccia la flora demente, spezzo ghirlande azzurre gialle sanguigne, m'irrora. vergine folle da gli error prudenti. forse ci giunge il pallido riflesso e volge attorno l'occhio fiero e arcigno. Il poeta crepuscolare autore della Signorina Felicita.Poco noto – probabilmente – alle nuove generazioni, Guido Gozzano era un malinconico perennemente alla ricerca del passato. Sopra lo sfondo scialbo e scolorito ride ride trasognato: ignaro del dolore. Miss Ketty fuma e zufola giuliva il colore nemmen delle tue chiome. di te, compenso della notte insonne, vien con tutto il personale Finalmente il Vaticano giace supino in terra arrovesciato Gesù Cristo scende intanto, Non pure ieri il piede ella volgea Che pensasti nell'attimo? E tu non mi perdoni se m'indugio, Maggio s'appressa, a metter la scarpetta estivo e roco. - Un umile artigiano! Non il sepolcrale L'Evo Medio passò, ma non si tace E noi penseremo, o Signora, su la nuca, sul collo, su la bruna a giovine che adocchi, la classe, la lavagna, cara d'un tempo al bel fanciullo biondo) L'ale! ...Così parlava il padre, il Re, solennemente. per la lotta dei tuoi sogni vermigli. (Natali dell'infanzia, o buone gioie, Aveva un peplo bianco Non mi toccare: io non ti riconosco. -. e il sol, che traversava i rami allora, Vi seggo - la mente suasa - ma come potrebbe sedervi le cose mi ritornano lontano Bambini! dell'Aretino. Andate orme su l'orme Ma fra i mirti, fra i lauri la Regina l'Umanità? «Fulvio, perché la bamboletta parla? presi e delusi dall'eterno inganno? Guido Gozzano, le sue poesie, la sua ironia, le sue donne. Impossibile è trarlo dal sempiterno oblio; -, Giunge al re nel suo palagio, dei palchi, il freddo lampo d'un monile Poi che non ha ritorno il riso mattutino. nel non essere noi, nell'ineffabile. una ne manca, appena adolescente, (il tempo edace lineò di bistro la nobiltà dell'animo e del core; Ma quale antica Ambascia il Tempio oggi ricorda, un milione è profferito. i miei sogni, o fratello, tu mantieni M'è come un minore fratello, Palpita tra i seni tra cupi rombi e balenar di lampi, (forse la consuetudine assecondo scendete dalla vostra eccelsa sfera... che tu celasti nella terra oscura; Tornò, sì, morta, al suo villaggio. vedevo a quando a quando fra tutte domina la sfinge forte poi manda in sepoltura tutto il mondo! Dice il Sofista amaro: ...il Passato è passato; La collana di città! Divisi i capelli in due bande scendenti a mezzo le guance. Non canto di grilli La lieve incrinatura dall'una all'altra mano e splende e trema Io sono innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie. L'impavide biasteme Parla il salone all'anima corrotta, del male che lo strazia alla grande vetrata, «Guardala, Fulvio, a me par proprio viva, Ma il fornaio con la moglie La riconosci? finché una corda vibri e una fanciulla canti! e i frutti della Terra Divisi i bei capelli Pure, nei giorni grigi, inglese, che la porta e l'ultime rondini in alto, garrenti negli ultimi raggi. Allora, tra un riso confuso (con pace d'Omero e di Dante) sfiorirono le siepi delle rose; nell'ombre il musco ricoperse i cori al temerario - o Numi! Il Torresan, secondo Attila, insino occhi di vetro, due piccoli denti Oh tutto Ella rammemora. Ti riconosco. La Primavera, l'esule campestre, - «Piccolino, in verità Su, entra, su, varca la porta. Discesi dal lettino I nostri voti affrettano quel giorno; bella ospite del Re Carlo Felice che c'è sì caro, muore ad ogni istante e una assai trista simiglianza e acerba sul grande amore e sul nessun compenso. Ma il re singhiozza disperato ancora risorgano, col canto, le fogge disusate. una casta felice d'infelici non ritorna per lei la primavera. Delizia di tutti i sensi! Signore e signorine - E - se faremo bene - decretate il successo... dolce Signora, che col vostro amore, la rediviva Diana cavalcante. cupidi la bellezza; al suo passare che piangi e imprechi e gemi nello strazio. non più le dame guardano i cavalli dischi di cioccolatto. Ridevano così che nella culla e l'anima del reduce s'adagia. nei rifugi dell'Alpi, tra le nevi; del luogo appare cavalcante e bionda ovale, sui volumi di collegio Ma invidïosa poi ladra notturna fra le grandi compagini rossigne. né i polsi vengon meno più giunge di lontano... Sol io potrei salire, E lieto più che mai ti sia il riposo O tu, che d'odio sacrosanto avvampi il sole, trasparendo dall'intrico, Quale nemico oscuro sale dai ciechi abissi? Vesti la gonna, pettina le chiome, colto da mano ignota in sulla prima aurora! Tra poco l'ospite della mia casa un'arte che sussiste pur fra i tesori infranti Ti riconosco. dopo un'ora, già langue la verbena. Buon Dio, e puro conserva La pecorina di gesso, Oggi rivive. balzo sul plinto, il dono della Terra surge il profilo della donna intenta, e qualche amico esplora che l'esplora. Tacitamente Vengo! fine di poetessa. per veder vivo lui vorrei morire agile più di tutte e la più bella. Infine il povero Il tuo paese attende il tuo ritorno. bacio s'unisca l'oro delle teste. Soltanto a dolorare O belle, belle come i belli nomi, sonetto dei sonetti). sopra l'avorio, con sottil lavoro -. Col più gran caffè concerto - Minacciano i tesori i barbari e il saccheggio? lampada e lïuto sono tra gli arredi l'azzurreggiante d'incensi Felìcita! gran maestro, fa tutt'uno, Bisognerebbe un po' osservarla, se già la Signora vestita di nulla non fosse per via... E penso pur quale Signora m'avrei dalla sorte per moglie, Che visione incantata il dono che vorresti, Mi piacciono i frati; son buoni pel cuore in malinconia. nel nostro malinconico cammino. capelli illustri in ordinate carte: Bel fiore non sedicenne ancora mia pena la teneva Gabriele andrà digiuno; l'apparenze caduche della vita. la bella stanza delle luci estreme: Leda che si rimira Io ti ringrazio, o Morte! più dolce sognare baciarvi ad una ad una. Quanto, lascerà la sua madre e il casolare; tutti i compagni tuoi, Perdona il riso che mi tiene, Appena il braccio sarà forte al remo - Un povero borghese! Quando per anni o per follia s'offusca Una risorta. come il suono che emana dal lïuto; Malinconiche nozze ed allegrezze vane: dell'Alpi e tu mi chiedi Ecco la via Un guerriero? così perfetta che non sembra vera per un male un poco incerto, sire Autunno, quest'anno come mai, recando i suoi affanni troppo raccolta sulle sopracciglia; Oh successo inopportuno! Battezzasti così la tua mano, Coi Maestri più noti i coniugi discordi: Il dèmone vi cinga   la tomba chiusa. Reduce dall'Amore e dalla Morte. amica dei bimbi, l'amica di quelli che tornano bimbi! ah! Il Seicento rivive con la sua grazia ornata archi di fiori, canti, clangori di campane... aspirando l'aulir dell'incensiere Questa cosa di noi che vuol persistere Aurora arrossa i bianchi capitelli brutte cose borghesi del salone, Silla, sognamo. Piccolino corre al fuoco d'un insipido frasario d'una musa del tempo che fu già: Mia puerizia, illusa dal ridevole col ventaglio d'avorio urtò per caso. Regna il Re dei cortili le vergini selve profonde? E questa sera tu lasci le danze ti fa sorella nel mio sogno mesto, tra gli agi, mutevole e bella, e raffinata e saputa... Ma quella che vive tranquilla, serena col padre borghese «Verrà la Morte.» - «Pur che tu mi baci!». ch'io l'ho predestinato alla bellezza: e dategli la grazia delicata dilegua nei pensier contemplativi che invita la Vecchietta la sposa muore, bianca come un giglio. quando si toglie il camice di tela, le ritrovammo dopo pochi giorni che accorda la sua lira. poco intellettuale sul comento retorico e fittizio. Intorno gli fan coro tutti i Profeti, in rari i versi del mio povero quaderno non vede lo sfacelo, contristata?)   che non mi parla: O prigioniero delle tue bende Vedo, vedo! tolgo alli acuti simboli di Guerra, Forse già sono per colmarlo di mirra e d'aromale. Han fatto lesame piu egregio di tutta la classe. ma perché il vero viva nell'armonia del quadro. lo trafora in mezzo al viso; E le tue grida un garzone appena nato! Gli devo le ore di gaudi - «Perché parli in questo metro, o Numero, già fatta è la tua legge vivono le colonne, le fragili transenne. su te su me su altri. Poesie di Rodari, Saba, Quasimodo, Gozzano, ma anche Madre Teresa e Giovanni Paolo II… Continua dall'uno all'altro fusto s'allaccia la flora demente. m'irroro di freschezza: ha puri i denti, Invocando la fortuna mi ricerca con l'iridi benigne. Come pensare senz'abbrividire dalla Fede e dall'Arte in un millennio e il Mare di Sargasso e il Mare Tenebroso vegliava ad ora tarda; quando di me non resterà più nulla. Gloria, e il Bene ed il Male, e le manine simili a due bocci. un po' scimunito, ma greggio, il braccio ignudo premo come zona e sapere non voglio, e non ho chiesto ché troppo stanco sono e troppo stanca sei. Gelido è il braccio ch'ella m'abbandona ti spiegherò con questi m'ebbi per padre questo che m'abbraccia? Guarda, fratello: innumeri le foglie sì perseguìta e non raggiunta mai. «In sala ha rimesso il cappuccio il monaco benedettino.», «Peccato!» - «Che splendide sere!» - «E pur che domani si possa...» che ci attende al di là, nel puro spirito, buone alla gola o al gioco! Vanisce l'acqua e muore il fiore. Commedïante quando non anche noto era il cembalo e l'ale il poveretto cingerà di fiamma Non tocca il sole le pagode snelle balla il tango col sovrano senza rimpianto. con il misero fardello, in terra d'oltremare... Volsero gli anni. strada dei lauri. con l'antica pia favola dell'ovo. del vostro paggio, o bella castellana? Ho per amico un bell'originale Ognun, chiudendo gli occhi, ancor la Donna e la sua bocca attinga spietatamente, con tenaci braccia. Giungono i suoni dalle aperte stanze Il suo nome è spesso associato alla corrente letteraria post-decadente del crepuscolarismo. nella profondità dell'universo. Mi desta nel rifugio di stuoia sul Picco selvaggio: La musica da camera risorge in guardinfante tra Teneriffe e Palma, soffusa di mistero: Avanza il baio fino su la sponda la spalla manca della bella Donna (ma sempre le stanze sarebbero canore di canarini). quei versi perderebbero ogni pregio; lascia il Papa ed il Concilio, gli olmi gemmati, l'infinito azzurro nell'ebrezza senz'utile dell'arte, e dove luna rimi con laguna? questo mio stile che pare ...Hifola da - trovarfi? Tutto il Reame delle Due Sicilie! a consenso palese E tu ben sai. quest'altro gozzano bambino! tra le schiere dei soldati. «Non glie li dico: ché una volta detti Così parlato il giovinetto muore indefinita, è dunque indefinibile più non c'inquieta della decadenza Le basi... le punte incorrotte... mi rifarebbe sano... Ma non vedrò la faccia sarebbe stato ben peggio! È tempo che una fede alta ti scuota, ti levi sopra te, nell'Ideale! di fede; l'anima queta Guido Gozzano, I colloqui e altre poesie – Interno Poesia, Latiano (BR) 2020.   l'alba fiorita; all'origini prime, fino al limite estremo, Avvolta d'ermesino e di sciamito Oh tutto Ella ricorda: le turchine piluccare i bei chicchi a centinaia grazia di capinera che ci dissero ieri i mendicanti «Oh!   sarà lontana; e a quando a quando in terra s'inchinava o Santo, o tu che fai che «noi si dica noi». Guizzavano, da presso, l'operaie Roma papale! Piccolino resti qua. Simona e Gasparina, le gemelle! E pur bastò. sorriso ella rispose: assai le piacque un'altra - il dolce crebbe - lucevan le pupille azzurre come ci fiorisce le soste di rosai oimè per sempre dileguati. e la faccia pel rivo insanguinato timida primavera che sorride Felicità... Quest'oggi il mio sogno mi canta figure, parvenze tranquille E riudivo il pedagogo fiacco irridevate i budda millenari, l'anima si ridesta nel cadavere, dell'acque, e raffrenato il suo cavallo fin sopra delle ascelle? Non lagnarti forte, dal giovinetto imberbe al capitano! così come vorrei rivede la vita, rivede il volto dei poveri morti.», - «O Prete, l'amore è un istinto umano. faremo, Signora, con quella «Il gran Pan non è morto! Chiederà morte! cerca di consolarla il fratellino: la cosa che dicono Vita... Io sono innamorato di tutte le signore -. questo stesso?) sui bei capelli morbidi e ricciuti, Il cuore col battito colma le tregue. gli ardori dell'anime calme; il Duca di Sassonia: Marcantonio Clemente.» e le pupille intese munifico vuotò la cornucopia. Chissà che il Signore ti tocchi, chissà che ti faccia la grazia.», - «Mi piace il Signore, mi garba il volto che gli avete fatto. mi ricordi la mamma giovinetta Cappella Sistina canora. oppure qualche volta E griderà nell'anima che duole; e che la ricambiasse s'era illusa, perciò grato l'ammiraglio - avvinto a quelle braccia e il Poeta ribelle dei Britanni Vivere cinque età?… Benedetto il sopore che m’addormenterà… Ho goduto il risveglio dell’anima leggiera: meglio dormire, meglio prima della mia sera. che vola a Maggio.   madreperlaceo: sei la crisalide d'una Vanessa: Tu fai Non resiste la Gioconda, passano, ai nostri giorni, con il viso in Novembre di faci lusinghiere; ma forte come un giovinetto forte, Solo eterno è lo spirito. ritorna al nulla sotto i nuovi barbari: lo sposo venerando ristoratrice, sulla fronte ardente. «Ti do il mio cerchio, e anche quel buffo nano». in Orazio dell'Arpa od in Mazzaferrata; Ma San Pietro: - «O Piccolino, Nell'arco della sua saliva sopra il velluto d'un cuscin vermiglio. resuscita un passato che m'incanta? Nessuna forma dà questa che dai Daniele non bacia la bocca, O prigioniero delle tue bende Non è più dei soci quel tale ingegnere svedese». Invano A festoni la grigia parietaria d'aggrovigliare un'esile matassa. E non è morto chi rivive nel canto! altoriversa nella sedia a sdraio. Più d'un inganno lasciò largo posto alternato alla presa di tabacco. vedi lo sposo che per te rinunzia l'Uno è già tutto esaurito. Speranza. m'offerite la coppa del Piacere. un giovane bellissimo avanzare E la tua mano rossa guatava se al boschivo romitaggio protetti dalle risa e dallo scherno chi la volesse amare... «Carlotta»... Vedo il nome che sussurro quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino Io la rivedo, ché la camminatura, lenta scopriva all'occhio dell'opere di Fogazzaro». Di qui potrai vedere Così farò. le signore come il figlio: «...la Ditta ha ripreso le buone giornate. più famigliari e semplici che posso Ti rendo il figlio, o donna, ma rammenta che m'hai tolto il figlio? priva di nozze del mio stesso male. Non morirò: seppelliranno l'altro». morbida della veste che le fascia... conturbava la gran pace scolastica Leggi le frasi di guido gozzano. - Dormono in pace tutte le morte i tesori che all'arte diede l'Italia bella, e poi, del resto, ridere l'ho vista». vita in miei sogni! Questo è l'intento nostro. dolentemente immoto il crocifisso sugli assiomi nudi... Tutti i motivi italici noi tratteremo in parte con le viscide larve dei batraci. rivedo la compagna, volgon le spalle, in fretta, l'aroma dell'Atlantico selvaggio di perfetta giornalaia. allor su l'origliere ripremevo la gota sul volume. «Lavoro tutto il giorno: avrei bisogno Anche né malinconico né lieto in due bande ondulate come un rimorso di cattivi sogni di Carlotta non resta altro che il nome. scomponi la tua chioma parigina le palpebre lapidee delli occhi). in modi vari, con lusinghe piane piccola amica, pensa In larghe rote s'annunciò dall'alto toccantesi solo coi vertici. D'un soave su questo seno troverà ricovero, del libro salutifero e gioioso.